Sono qui raccolte le poesie più belle brevi e lunghe di Guido Catalano estrapolate dai suoi libri più famosi quali "Ti amo ma posso spiegarti", "D'amore si muore ma io no" e "Ogni volta che mi baci muore un nazista".
É che dicevi le cose giuste quando avevo bisogno di parole giuste e quando sorridevi mi scardinavi l’anima o quello che ne resta poi dormirti addosso succedevano alcune cose alcune meraviglie tipo che la mattina ritenevo plausibile l'implausibile tipo quelle robe da film da romanzo tipo l'amore tipo fare colazione assieme tipo un mondo migliore.
Dalla poesia "É che"
E c'era una volta una storia che non c'è foto che tenga un amore che piangi sotto la doccia per non fare rumore un amore che dio solo sa come ho fatto a trovarti come diavolo hai fatto a farti trovare.
Dalla poesia "C'era una volta una storia"
non fosse altro (ho sempre desiderato iniziare una poesia con non fosse altro) che non ho idea di cosa sarà di me e di te domani ho messo a bollire le patate come mi hai detto tu quanto debbono cuocere? fuori oggi c’è un vento caldo strano e tu ogni tanto mi chiedi conferma di quanto t'amo hai un corpo è vero e occhi verdi e le tue tette mi rendono prezioso vivere poi mi fai ridere quando parli in cinese e ti metti questo strano cappello con i pon pon anche se uno si è staccato e il tuo brutto cane se lo voleva mangiare poi mi guardi e mi dici che non devo morire e questa è una cosa carina da dire una cosa che nessuna mai mi ha detto poi di notte mi abbracci e ne ho bisogno oggi è gennaio fa caldo questa poesia è solamente tua
Dalla poesia "alla ragazza che mi rende felice in questo periodo di recessione economica"
Ricordi amore mio quel tempo in cui non avrei mosso il braccio addormentato per nessun motivo al mondo per paura di svegliarti?
Dalla poesia "Poesia senz’altro d’amore in cui però, a dirla tutta, non si capisce se il fine è lieto o tristo"
quando il sole si spegnerà di colpo impiegheremo 8 minuti ad accorgercene mi ricorda quella volta che mi guardasti in faccia e mi dicesti – sappi che non ti amo più impiegai 14 minuti a capire passarono 13 minuti e 59 secondi prima che calasse il buio e il freddo eri già più lontana del sole, allora non è chiaro come sopravvissi non è chiaro come ti riaccendesti bisognerebbe chiedere a Margherita Hack ma probabilmente c'ha di meglio da fare
Dalla poesia "14 minuti"
era autunno ne son certo in quanto le foglie erano croccanti la incontrai in un giardino, le dissi: “sì, credo che tu possa divenire in men che non si dica, la donna dei miei sogni” “scusa” rispose “non ti conosco, mi dici cose mai sentite, baciami pure” la baciai nel vento
Dalla poesia "La incontrai in un giardino, le dissi"
E ho sfilato la camicia e ho tolto le braghe e ho spento la luce e mi sono sdraiato e tutto sommato odio gli adii. Sopporto gli arrivederci solo per convenzione sociale. Ho chiuso gli occhi. Ci sono notti che la notte è davvero troppo notte per un uomo il cui passatempo è prendere in giro la solitudine.
Dalla poesia "Arrivederci ragazza addio buonanotte"
dice che quando cade la tristezza in fondo al cuore non fa rumore come la neve vaccate vi assicuro la mia tristezza, almeno è grossa pesante molto rumorosa fa un casino della madonna come un bue che si sfracella dopo una caduta libera di trecento metri sul tetto di un’Alfasud rossa parcheggiata in doppia fila
Dalla poesia "La tristezza fa rumore"
dormire da solo, hai spazio puoi rotolarti nel letto puoi fare capriole cunìculi sotto le coperte metterti a sghimbescio mangiare i crackers sbriciolosi e altro ma non puoi accucchiaiarti a un corpo femmina che gli fai quella cosa spaziale da dietro che con la mano le prendi la tetta superiore e ti assopisci con il calore della sua schiena sulla tua pancia e se sei fortunato i vostri respiri andranno via all'unisono la tua pancia la sua schiena la sua nuca le tue braccia i piedi nei piedi che si carezzano tenendo il tempo della notte fottendosene del regno dei cieli
Dalla poesia "dormire da solo"
– non riesco a non guardarti le labbra dicevo – probabilmente desideri baciarmi diceva poi tacevo taceva aveva occhi nerissimi fu grazie a lei che capii che il nerissimo può competere con e addirittura di molto battere l'azzurrissimo il bluissimo e, sì, pure il meraviglioso verdissimo non dirò il suo nome men che meno il suo cognome il suo codice fiscale o la sua città natale – anche perché è ancora viva e potrebbe riconoscersi poi si monta la testa – ma dirò che ripeteva spesso la frase: – non siam mica qui a pettinar le bambole e quasi sempre fuori contesto aveva il dono di farmi ridere e il dono di farmi dimenticare la mia estrema imbarazzante odiosa mortalità che son due doni a ben vedere che valgono all'incirca come tutto l'oro del mondo – perché scrivi di me al passato? mi chiedeva – per dare alla poesia un’aura di malinconia che spacca rispondevo – ma io sono qui diceva – e per fortuna sì
Dalla poesia "fu grazie a lei che capii"
se vieni al mio funerale ti tengo un posto in prima fila niente fiori per favore i fiori lasciali morire dove amano fiorire preferirei dei salatini pizzette dovresti riuscire a convincere quelli delle Pompe a mettermeli in bara e niente lutto per cortesia vèstiti come più ti garba colorata leggera mostra le gambe che le hai belle le gambe tu e niente lacrime per carità che io quando vedo la gente che piange mi viene da piangere come il vomito o gli sbadigli e sussurra pure ai tuoi vicini: “egli non è morto sapete? è scappato sta con Elvis, Bob e Marilyn in un'isola a bere vino bianco fresco sulla spiaggia” poi tornerai a casa avrai stanchezza e sonno indosserai la tua camicia da notte azzurra ti coricherai chiuderai gli occhi dormirai e ti verrà a trovare in sogno un piccione sognatore con un foglietto arrotolato legato alla zampa su cui sarà vergato l'indirizzo segreto dell'isola segreta e tu mi verrai a trovare potrai farlo volando in treno o nuotando sotto il mare ti offrirò baci fuori stagione ti offrirò da bere faremo molti pettegolezzi molte carezze ti insegnerò a suonare la sabbia e il legno inventeremo nuove posizioni impossibili mi insegnerai a cucire i bottoni e a dir la verità su ciò che fui ti stupirò mi stupirai saremo stupidissimi e stupendi
Dalla poesia "la fine arriverà come una pallonata negli occhiali scagliata da un bambino obeso alle quindici circa di un pomeriggio assolato in un prato secco di periferia e"
mi dicevi spesso: – non essere triste che cosa assurda, pensavo dire a uno triste: – non essere triste che cosa assurda, inutile e carina e assurdi erano quei tuoi occhi di gatta verdi e quel tuo viso di gatta solcato da quella portentosa cicatrice che ti faceva definitivamente bella fumavi tanto camminavi avvolta in cumulonembi di fumo davi l'idea di essere leggerissima mi hai toccato una sola volta io mai chissà dove sei che fai chissà se credi ancora che i cani abbiano sempre ragione io no ho smesso di credere tanto tempo fa forse non ho mai creduto ma mi piaceva il suono fin da subito fu implicito che avremmo mischiato i nostri dolori e non i nostri umori corporei sei l'unica donna alla quale io abbia regalato una bambola e non ce ne sarà un'altra
Dalla poesia "Sandra"
Consegnò il suo cuore al banco dei pegni della città. Non le serviva più. Le diedero in cambio cinquantamila lire un vecchio gatto grasso e mezzo chilo di gelato al pistacchio. Disgraziatamente poche ore dopo incontrai Marina al parco era seduta su una panchina mangiava del gelato seria, sola e bellissima me ne innamorai. Le chiesi: posso? Sorrise e mi invitò a sedere. Se foste passati di lì quel giorno, a quell’ora in quel luogo avreste visto un uomo ed una donna armati di cucchiai le labbra sporche di verde e un vecchio gatto grasso che dormiva.
Dalla poesia "Marina"
Mi piace tornare a casa stanco morto ma vivo e trovar traccia di te: il letto ben fatto un tuo paio di scarpe un bigliettino nel quale ammetti di avermi allagato il cesso. Ma con amore. Vorrei rivederti presto a stretto giro di vodka nuovamente sentirti dire: che bella la luce che c’è al mattino a casa tua.
Dalla poesia "A stretto giro di vodka"