Alba imparò a mentire e a dissimulare. Col pretesto di studiare di notte, lasciò la stanza che spartiva con sua madre dalla morte della nonna e si sistemò in una camera del primo piano che dava sul giardino, per poter aprire la finestra a Miguel e guidarlo, in punta di piedi attraverso la casa addormentata, fino alla tana incantata. Ma non stavano insieme solo di notte. L’impazienza dell’amore era talvolta così intollerabile, che Miguel si arrischiava a entrare di giorno, strisciando fra i cespugli, come un ladro, fino alla porta della cantina, dove lo aspettava Alba col cuore in subbuglio. Si abbracciavano con la disperazione di un addio e sgattaiolavano nel loro rifugio soffocati dalla complicità. Per la prima volta nella sua vita, Alba sentì il bisogno di essere bella e rimpianse che nessuna delle splendide donne della sua famiglia le avesse lasciato in eredità i suoi attributi, e l’unica che l’aveva fatto la bella Rosa, le aveva dato solo una sfumatura d’alga marina ai suoi cap